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#99 – Il Dottor Parker

di Mickey e Fabio Furlanetto

(con l’assistenza legal-cerimoniale di Carlo Monni)

 

 

Empire State University, Manhattan

Com’era prevedibile, Peter non è riuscito a chiudere occhio. Domani sarà il gran momento che attende e teme ormai da una vita: dovrà difendere la propria tesi per ottenere il dottorato. Chiunque altro si aspetterebbe di essere nervoso, ma per lui è una sorpresa: non si è mai preoccupato troppo per tutti gli esami che ha dovuto sostenere nel corso degli anni; forse per arroganza, forse perché c’era sempre qualcosa di più importante di cui preoccuparsi... di solito, la propria sopravvivenza o quella di uno dei suoi cari.

Questa volta è diverso: questa è la fine di un’epoca per lui.

Per distrarsi ha deciso di indossare il costume e recarsi all’università, in una sorta di giro di prova. Si trova da solo nell’aula dove sosterrà l’esame, e gli sembra quasi di vedere zio Ben e zia May seduti ad osservarlo; i suoi pensieri vagano nel passato, ricordandogli le parole di incoraggiamento dei due zii ogni volta che portava a casa un buon voto. Il rumore di vetri che si rompono ed un ruggito mostruoso lo riportano alla realtà.

-Ma cos’è, hanno costruito l’università su un cimitero indiano? E’ troppo pretendere che nessuno distrugga niente almeno per una settimana? – si lamenta l’arrampicamuri, lanciandosi dalla finestra.

 

Laboratorio di biologia

Entrare nel vecchio laboratorio del dottor Connors non è difficile, considerato che la finestra è appena stata sfasciata da qualcuno che vi ha lanciato attraverso una scrivania. L’Uomo Ragno accende la torcia incorporata nella cintura del proprio costume, illuminando la scena del crimine... crimine che finora sembra solo vandalismo, a giudicare dal ciclone che ha messo a soqquadro il laboratorio.

“Che strano. Il Senso di Ragno non rileva alcun pericolo, ma quel ruggito non me lo sono immaginato” pensa, ispezionando le sostanze chimiche versate sul pavimento. Ai più non direbbero molto, ma lui sa che servono a qualcosa di estremamente familiare.

“Questi composti servono a preparare il siero di Lizard, ma Connors è ancora ricoverato; che qualcuno abbia...” inizia a pensare, quando il Senso di Ragno scatta: il pericolo è sopra di lui.

E quando alza lo sguardo capisce perché: c’è un rettile umanoide sul soffitto, ed ha appena allungato la coda per avvinghiarla al suo collo.

-Apprezzo... l’ironia... di non averti visto – l’Uomo Ragno risponde, cercando di liberarsi dalla morsa: chiunque sia non è forte quanto Lizard, ma di certo è altrettanto tenace. Per fortuna c’è un modo semplice di liberarsi: usando la forza proporzionale di un ragno, l’arrampicamuri stacca la coda dall’essere con uno strappo netto. L’essere si dimena in preda al panico, ed è l’occasione perfetta per utilizzare la torcia nella cintura per illuminarlo... o meglio, illuminarla.

E’ una donna-rettile che indossa un camice bianco da laboratorio e pantaloni viola, strappati all’altezza del ginocchio; la coda le sta già ricrescendo, ma la cosa non sembra renderla meno arrabbiata.

-E tu chi saresti, She-Lizard? Prima la Scorpione, ora tu; sono per le pari opportunità, sia chiaro, ma perché ce l’avete tutte con me?

-Vattene via! Rischi di contaminare i campioni! – protesta la donna, cercando di colpirlo con gli artigli; naturalmente l’Uomo Ragno non ha problemi ad evitarla.

-Sei più eloquente di Lizard, in effetti. Perché non ne approfitti per spiegarmi cosa ci fai qui? – le chiede, intrappolandole le mani con la ragnatela. Lei non si lascia rallentare, afferrando un alambicco con la coda e scagliandolo contro l’eroe. Il Senso di Ragno lo avverte del pericolo e gli fa commettere l’errore di schivarlo, finendo con il respirare il fumo che l’alambicco scatena dopo essersi rotto.

“Va bene, o è più intelligente di quanto sembra o più fortunata” pensa l’eroe, trattenendo il respiro; può vedere la donna correre verso la finestra, e tesse giusto in tempo una ragnatela per bloccarle le gambe.

Con sua sorpresa, però, le zampe si staccano dal resto del corpo; deve anche aver già strappato la ragnatela che le bloccava le braccia, perché riesce ad arrampicarsi sul tetto con estrema velocità.

L’Uomo Ragno la segue, ma senza trovarla: la scia di sangue verde che si è lasciata dietro si interrompe dopo pochi metri.

E quando una ronda di quasi un’ora non dà alcun risultato, l’Uomo Ragno decide di tornarsene a casa.

“Almeno non mi ha graffiato. Non vorrei sanguinare all’esame, se non devo” – pensa sul ritorno.

 

Dipartimento di Scienze, la mattina seguente

Dietro le cattedre, almeno un terzetto di volti noti: il preside di facoltà Morris Sloan e il suo collega Steve Hopkins, dei vecchi tempi dell'università, che a differenza di Emil Sisko lo biasimano per aver abbandonato i suoi studi a suo tempo, per non parlare di Reynold Malakov, il relatore della sua tesi, nonché suo acerrimo nemico all'interno del Dipartimento. Per il resto, si tratta per lo più di anonimi professori o membri esterni che non dovrebbero avere pregiudizi nei suoi confronti.
Continua a ripetersi che l'importante è prendere il titolo, con qualsiasi giudizio vorranno concedergli.

Mentre ascolta le relazioni degli altri dottorandi, Peter si guarda intorno.

La studentessa prima di lui in elenco saluta i docenti e si congeda, non c'è bisogno del Senso del Pericolo per ritornare in allerta.
Il presidente della commissione prende a leggere la sua scaletta:
- Il candidato Parker Peter è chiamato qui per difendere la sua tesi di Dottorato intitolata «Applicazioni dell'accoppiamento tra seleniuro di ferro e S.T.O. per materiali superconducenti».

Il Professor Malakov introduce il suo dottorando con una sterilità e un distacco che lasciano intendere anche gli ultimi arrivati la totale mancanza di stima nei suoi confronti.
"Ho sconfitto più volte i Sinistri Sei, posso farcela" è il mantra che l'Uomo Ragno si ripete, e non appena gli viene data la parola, il discorso provato più e più volte straborda come un fiume in piena e la pratica come insegnante gli fanno fare una presentazione brillante, di cui mezza dozzina dei presenti riescono a seguire il filo. Uno di questi è il Professor Sloan, che gli stringe la mano e senza nascondere troppo quanto sia fiero di questo studente dal curriculum inusuale.

 

Un paio di settimane più tardi
Daily Bugle, riunione di redazione
Peter Parker si diverte da quando è ammesso alle riunioni di redazione di quella che considera una sua seconda casa.
Eppure ci sono momenti in cui anche a casa si vorrebbe fuggire altrove, e questo è uno di questi.
-Goblin contro Iron Man.[i] Perlomeno un'aria di novità - commenta Robert "Joe" Robertson, scorrendo sulla rete domestica un pezzo di Angela Yin pronto per essere revisionato.
-L'Uomo Ragno aveva promesso che se ne sarebbe occupato... o ha fallito o ci ha preso in giro - commenta l'autrice dell'articolo, con la mente evidentemente altrove. Solo l'interpellato coglie la frecciata e non può dare modo di vederlo. Né può rivelarle che l'eroe mascherato è sceso a patti con il vigilante, contrariamente alle intenzioni con cui era partito.
-Con tutto il rispetto per Angela, perché non è stato affidato a me o a Parker? - interviene Ben Urich - Io ho scritto un libro su Goblin e Peter è informato quanto me sull'argomento.
-Proprio per questo, Ben. Siete entrambi troppo di parte, considerati i vostri trascorsi.
-Allora Parker non dovrebbe scrivere più pezzi sull'Uomo Ragno e io su Devil.
-E' una buona idea, ci penseremo - lo liquida J. Jonah Jameson - Merryweather? Che cosa ci porti?
L'editore legge il file che la reporter sta condividendo.
-Un altro articolo su #MutantLivesMatter? Non siamo il New York Times!!! Non ti avevo dato un incarico su Catalyst?
-E' una pista morta, nessuno ne sa niente e a nessuno interessa niente. Non appare in giro da giorni, forse settimane. Non è più un trending topic.
-Va bene, va bene, se decide di farsi vedere ne riparliamo. Nelson..?
Senza nessun entusiasmo, Joe accetta il trafiletto di Peter riguardo lo scontro tra i Difensori e Zodiac di cui nessuno sentiva il bisogno,[ii] ma le storie migliori erano già prese dai veterani, e se persino Urich ha avuto da lamentarsi...
Ha la testa piena di pensieri: le delusioni come giornalista in erba, le controversie sul patto con Goblin, la latitanza di Catalyst, l'imminente cerimonia di conferimento del Dottorato.... Ci pensa Betty Brant a riportarlo con i piedi per terra, bloccandolo all'uscita della sala riunioni:
-Domani è il gran giorno, Dottore?
-Non chiamarmi così prima del tempo, per favore!
-Ci offrirai da bere e mangiare, spero

-Sì, tranquilli, alla prossima visita in redazione vengo carico di vassoi per festeggiare!

 

Empire State University, il giorno della cerimonia

La famiglia Parker entra nell'aula magna brulicante di persone.
-Non ci posso credere, siamo arrivati in anticipo - confessa Peter Parker, impettito nella sua toga da dottorando sotto cui indossa un completo in giacca e cravatta.
- Merito dell'ansia delle Watson - si pavoneggia Mary Jane, in uno splendido abito elegante da giorno che farà schiattare d'invidia tutti i colleghi. Mano nella mano, la piccola May si guarda intorno confusa, non è mai stata in un posto simile.
- Qui lavora papà?
- Più o meno. Questa è come una graaande scuola come quella dove inizierai ad andare tu tra un po' - le dice con voce distorta il padre.
- Io? Scuola?
Improvvisamente Peter si ricorda di non aver parlato con la bambina della sua imminente iscrizione alla scuola per l'infanzia.
- Ops, spoiler. Ehm, voi prendete posto, vado a salutare i colleghi e sono di nuovo da voi.
Parker stringe la mano di Emil Sisko, ex collega pronto ad andare a lavorare per il Progetto Pegasus.
- Grazie di essere venuto, so che non dev'essere facile farti rivedere qui dopo le dimissioni.
- Figurati.
- Come vanno i preparativi per la partenza per gli Adirondack? Messo in valigia l'aspirapolvere?
Emil ride:
- Oh, sei fissato con 'sta storia dell'Uomo Sabbia..! Te l'ho detto, basta che non sia Quicksand. Piuttosto, parliamo di te, questo è il tuo giorno! Come ti senti?
- Come qualcuno che avrebbe dovuto viverlo molti anni fa.
- Ti ho già detto anche questo: noi secchioni non abbiamo messo su famiglia nel frattempo e passato tutto quello che hai passato tu. Non c'è niente di male. Ora va e spacca tutto, alla faccia dei tuoi trent'anni.
- Ehi, non li ho ancora compiuti!
- Sono anni che dici così, prima o poi dovrai...

- Professor Parker? – attira la sua attenzione una voce femminile. Peter si volta per guardare in volto chi lo ha chiamato, senza vedere nessuno: deve abbassare lo sguardo per incrociare quello della ragazza indonesiana sulla sedia a rotelle.

- Uhm, salve. Ci conosciamo? – chiede Peter, cercando di non far notare che la sta fissando: potrebbe pensare che si stia concentrando sull’assenza delle gambe al di sotto del ginocchio, quando in realtà è più colpito dal fatto che indossi pantaloni viola.

- Non proprio. Melati Kusuma; ho lavorato come assistente del dottor Connors, prima del suo ultimo... episodio. Spero che il dottore stia recuperando le forze.

- Ci metterà un po’ prima di tornare al lavoro, ma Connors si rialza sempre in piedi.

C’è un secondo di silenzio prima che Peter si renda conto della gaffe che ha appena fatto.

- Volevo dire... è un po’ troppo tardi per salvarmi da questo guaio, vero?

- Non si preoccupi, professore, ho la pelle più dura di quanto sembra. Il Dottor Connors aveva un’alta considerazione di lei; mi chiedevo se potesse aiutarmi nella mia ricerca.

- Melati, senza offesa, ma credo che Parker abbia tutt’altro per la testa oggi – interviene Sisko.

- Capisco, ne parleremo alla prima occasione. Buona giornata, Professore: secondo il Dottor Connors, è portato alla scienza quasi quanto me.

- E’ stato un piacere, miss Kusuma – mente Peter, stringendole la mano. La osserva allontanarsi, Sisko si lascia scappare un commento:

- Bel tipo quella. Perché le studentesse più in gamba sono sempre delle serpi?

- Stai sicuro che la terrò d’occhio – risponde Peter, chiedendosi se si è mosso abbastanza rapidamente da non far notare alla ragazza di aver applicato una ragno-spia alla sedia a rotelle.

 

La cerimonia ha inizio. Per fortuna il discorso introduttivo del Preside Sloan è breve quanto gli interventi successivi.

“Almeno questa volta non mi sono ritrovato a dovermi sorbire un discorso di Jonah” pensa Peter.
In fondo, seduto in un angolo dell'ultima fila, Peter nota Abel Fitzpatrick. Lo aveva ovviamente avvisato dell'evento, senza invitarlo esplicitamente, ma il buon vecchio "Kaine" era venuto senza dire niente, bardato in incongrui occhiali da sole che, facendo il paio con i capelli lunghi e neri, dovrebbero fugare ogni sospetto sulla loro somiglianza. I due fratelli genetici si scambiano un sorriso a distanza.
In mezzo alla folla riconosce anche Maureen; vorrebbe chiederle se conosce qualcosa sulla studentessa sulla sedia a rotelle, ma adesso sa di avere decisamente ben altro a cui pensare.

Non c'è nessun altro perché è mattina e sono tutti al lavoro. Un bene per la sua ansia da palcoscenico.

Steve Hopkins si alza in piedi e dice:

- A nome del Corpo insegnante, signor Preside, le chiedo di conferire agli studenti qui riuniti, che se ne sono tutti dimostrati meritevoli, il titolo di Dottore in Scienze.

Sloan abbozza un sorriso. La famiglia Parker viene colta dalla pelle d'oca quando ascolta le fatidiche parole del preside:
- Per l'autorità conferitami dallo Stato di New York, vi dichiaro Dottori in Scienze.

Dalla folla si leva un grido di giubilo.

Subito dopo gli studenti sono chiamati uno alla volta, in ordine alfabetico, per la consegna dei diplomi. Peter aspetta pazientemente e finalmente sente scandire il suo nome:

-Parker, Peter!

- E' papà, è papà! - si lascia sfuggire a voce udibile la piccola May, suscitando una discreta risata in tutta la platea e strappando qualche sorriso intenerito nei professori

Peter percorre la navata  e raggiunge il palco.

I timori di ritrovarsi a dover schivare gli attacchi di un qualche super-criminale sono solo dovuti all’inesauribile pessimismo di Peter. Tutto procede secondo la tradizione: Sloan gli impone la piccola cappa simbolo del dottorato e gli stringe la mano.

-Complimenti, Dottor Parker.

Quando torna tra gli spettatori, accanto alla sua famiglia, Peter trova sua figlia a sonnecchiare.
- Sono molto lusingato - dice, pur ridendo per la scena ridicola.
- Sono troppo fiera di te - lo bacia Mary Jane - Eri troppo sexy con quella roba addosso, non puoi capire.
- Complimenti, Peter, si vede che sei davvero in gamba - lo abbraccia la zia Anna.
- Grazie, vi voglio bene.
Alle spalle della donna, Abel Fitzpatrick sta mostrando i due pollici alzati verso l'alto in sua direzione.
Peter è troppo sopraffatto dall’emozione per dire qualcosa adesso. Anche se giurerebbe di aver visto con la coda dell’occhio zio Ben e zia May tra la folla, assieme ad una debole scia di fumo grigio.

Coffee Bean
Al tavolo di un rinfresco tra pochi intimi, il telefono di Peter Parker è bollente. Al momento è al telefono con Ben Reilly:
- Grazie... sì, è andata meglio del previsto... sì, persino tu devi chiamarmi «dottore» adesso! Ah ah! Ok, ok, a dopo...!
Appoggia il cellulare sul tavolo e beve un sorso di analcolico mentre controlla altri messaggi ricevuti nel frattempo da colleghi del Daily Bugle e da qualche supereroe in incognito.
-Scusate se sto sempre al telefono e non sono di grande compagnia. Pubbliche relazioni.
-Ma di che ti scusi, goditi il momento - gli dice Ilya Anderson, con occhi pieni di affetto e ammirazione.
E' troppo felice per essere imbarazzato della presenza dell'ex segreteria innamorata di lui. Anche lei sembra a suo agio, dopo settimane passate in un Dipartimento lontano. Solo Anna Watson la guarda un po' di traverso, non ha perso il suo lato sospettoso e paranoico nemmeno dopo aver scoperto l'identità segreta dell'Uomo Ragno.
-Chi hai detto che è il tuo amico? - chiede a mezza voce Emil Sisko, la mimica rivolta verso Abel Fitzpatrick.
-Un lontano, ma caro, cugino del ramo materno - risponde Peter  in modo collaudato.
-Come festeggerete a casa? - domanda invece un altro collega.
-Niente, stiamo già festeggiando, no? Non voglio farla più lunga di quel che è. Al massimo porto le mie ragazze fuori a cena - dice, stampando un bacio in testa a sua figlia.

Poi il Senso di Ragno scatta. E’ un segnale debole, ma trovandosi così vicino alla sua famiglia lo rende sempre più in allerta del normale: persino May si rende conto che qualcosa non va.

-Che c’è, papà? – chiede la bambina.

-Niente, niente, va tutto bene. Mary Jane? – chiama Peter, passando la figlia in braccio alla moglie.

-Anche oggi? – chiede la rossa con voce sommessa; non le ci è voluto molto a capire cosa sta succedendo, quando lo sguardo di Peter è fisso all’entrata del locale.

-Credo di aver visto qualcuno che conosco. Torno subito – si scusa, facendosi strada tra gli altri clienti.

Arrivato all’ingresso del locale, incontra una ragazza in sedia a rotelle che si sta lamentando con uno dei camerieri del Coffee Bean.

-Mi spiace davvero, ma questo locale è degli anni sessanta, non c’è un ingresso per disabili...

-Ma stiamo scherzando? Lo sai quanto mi ci vuole a far diventare virale questa storia e farvi chiudere i battenti? – si lamenta la ragazza.

-Lo sai che non ha tutti i torti – le dà man forte Peter, pentendosi di non averci mai fatto caso.

-Cosa volete da me, io ci lavoro soltanto qui, mica sono il proprietario. Senta... Parker, giusto? La ragazza non pesa molto, se mi dà una mano forse...

-Si risparmi la fatica – risponde stizzita la ragazza, spingendo la sedia a rotelle con rabbia per allontanarsi. Peter la raggiunge con estrema facilità, cosa che sembra irritarla ancora di più.

-Ti ho chiesto di seguirmi forse!?

-Avevi detto di aver bisogno di aiuto nella tua ricerca. Di che cosa si tratta?

-Non ho intenzione di fare scenate per il tuo stupido locale, Parker. Non voglio farmi pubblicità come “la povera ragazza in carrozzina”.

-Mi lamenterò io con il proprietario. Sono un cliente da... cavolo, sembra da decenni. Mi ascolterà.

-Si può sapere qual è il tuo segreto, Parker?

-Uh? Non so di cosa stai parlando – risponde nervosamente, allargando il colletto della camicia.

-Hai il dottorato, una moglie stupenda, una figlia adorabile, e credo fossi la persona preferita di Connors dopo l’Uomo Ragno. Speravo che almeno fossi uno stronzo, ma sei pure una specie di santo.

-Un difetto ce l’ho: non so farmi gli affari miei. C’è stata un’effrazione nel vecchio laboratorio di Connors stanotte, tu ne sai qualcosa?

-Sì, certo, ho buttato giù la porta a calci, rubato i suoi appunti e sono saltata giù dalla finestra.

-Se speri di usare il sarcasmo come autodifesa, Kusuma, sappi che stai parlando con il maestro.

-Vuole davvero aiutarmi, Dottor Parker?

“Mi ci vorrà una vita ad abituarmi a sentirmi chiamare così” – pensa Peter, che invece risponde:

-Sei un’allieva di Connors. Glielo devo in qualità di mio mentore e mio amico.

-Sto migliorando il siero di Lizard.

-Che cosa!? Kusuma, hai idea di quanto sia pericoloso quel siero!?

-Un siero che permette la rigenerazione quasi istantanea degli arti? Giusto, non posso pensare ad un solo motivo per cui qualcuno voglia renderne permanenti gli effetti, già, nemmeno uno.

-Non sto dicendo che non sia uno scopo nobile, ma Connors ha dedicato la vita al tentativo di isolare le capacità rigenerative dal processo di mutazione e non ci è mai riuscito.

-Capisco, Parker: adesso che hai il tuo bel titolo non ti interessa più correre dei rischi per aiutare le persone. Sai cosa diceva sempre Connors? “Dal potere della scienza derivano grandi responsabilità”.

-Avrei dovuto mettere il copyright – mormora Peter, osservando la ragazza attraversare la strada al primo semaforo. Non la segue: con il ragno-spia la potrà seguire con calma, in segreto.

Ma le sue parole gli hanno fatto realizzare qualcosa. Credeva che il dottorato fosse il punto di arrivo della sua carriera scientifica... mentre potrebbe essere solo l’inizio di un cammino del tutto nuovo.

 

In un attico a Manhattan
Peter Parker e la sua famiglia escono dall'ascensore all'ultimo piano di un grattacielo lussuoso del centro. Stanno per essere ricevuti a casa di Liz Allen, dietro suo invito.
-L'ho già detto che se la tira troppo la donna d'affari? Poteva passare lei da casa per...
-... per darti questo fantomatico regalo. Abbiamo capito - lo zittisce sua moglie, a braccetto con lui - Rilassati e fa' un bel sorriso. Qualsiasi cosa tu ti trovi davanti.
-Perché? C'è Norman..?
-Ma ti pare?!
Il Senso di Ragno inizia a pizzicare dopo aver pigiato il campanello.
-Amore, indietreggia per favore...
La rossa lo asseconda.
La porta si apre, si intravede la sagoma della padrone di casa, ma è tutto buio all'interno.
-Liz..? Tutto ok?
-Congratulazioni, Dottore - lo saluta con un lungo bacio sulla guancia, come se nulla fosse. - Entrate pure...
Perplesso, Peter oltrepassa la soglia stringendo la mano di sua moglie, nonostante l'oscurità.
La bionda chiude la porta alle loro spalle e finalmente viene fatta luce, accompagnata da un corale:
- Sorpresa!!!

L'appartamento della vecchia compagna di scuola superiore è gremito di facce amiche. Peter è quasi sopraffatto dalla quantità di facce familiari: non si era reso conto di avere così tanti amici. Sembrano esserci tutti, da Liz Allen che lo sta abbracciando a Randy Robertson che gli stringe la mano.

Jill Stacy è in un angolo quasi da sola; dopo tutto quello che ha passato ultimamente sembra che essere in compagnia le stia facendo solo del bene, e Peter si unirebbe volentieri a Mary Jane nel parlarle se non fosse praticamente circondato da quella che gli sembra essere l’intera redazione del Daily Bugle.

-Congratulazioni, Peter, non hai idea di quanto sia fiero di te – gli dice Robbie Robertson, stringendogli la mano con abbastanza energia da sorprendere chiunque non abbia la forza proporzionale di un ragno.

-Chi l’avrebbe mai detto che il nostro piccolo chimico ce l’avrebbe fatta – lo canzona Joy Mercado, spettinandogli i capelli.

-Non smetterai di lavorare per il Bugle, vero? – gli chiede Betty Brant; quando si sono conosciuti, chi l’avrebbe detto che sarebbe diventata uno dei giornalisti di punta della città mentre lui sarebbe finito con il fare il fotoreporter solo part-time.

-Come potrei, Betty? Senza di me, chi porterebbe un po’ di scienza in redazione? – scherza Peter, sollevando qualche risata forzata. In realtà non è una cattiva domanda: tra le varie parti della sua carriera, il Bugle è quella che si restringe sempre di più. Già non vedeva parecchie di queste facce amiche da tempo, possibile che anche questo aspetto della sua vita possa solo peggiorare?

-Ehi, Peter, se non ti dispiace, abbiamo tenuto da parte tutte le lettere di congratulazioni che hai ricevuto – gli dice Foggy Nelson, passandogli un blocco di buste inaspettatamente spesso.

-Grazie, mister Nelson – risponde Peter, approfittando della scusa per allontanarsi a leggere gli indirizzi sulle buste. E’ un’altra sequenza di nomi di persone che si è lasciato alle spalle e che pensava non avessero più interesse in lui. Da Debra Whitman fino addirittura al Preside Davis, che deve avere ormai un milione di anni, gli hanno scritto per congratularsi.

-Te ne ho tenuta una da parte – dice Matt Murdock a bassa voce, passando un’altra lettera a Peter; il Senso di Ragno non scatta, ma vedere il timbro dell’Ambasciata di Latveria gli dà comunque i brividi.

-Ho immaginato non volessi spiegare perché il Dottor Destino ti manda i suoi auguri. Sa chi sei?

-Preferirei non parlarne[iii], ma grazie per essere venuto. Come sta Natasha?[iv]
-Dispiaciuta per non essere potuta venire, ma mi ha chiesto di trovare un modo per imbarazzarti al posto suo.

-Grazie per non averlo fatto indossando uno dei suoi costumi, Matt: la scollatura non ti dona.

-Non credevo conoscessi così tanta gente, Peter. Per essere uno che ha la fama di essere un eroe solitario, hai parecchi amici – gli fa notare il cieco che è segretamente Devil, l’Uomo Senza Paura.

-E parecchia gente che vuole farmi del male. Sono sempre nervoso quando ci sono troppi conoscenti nello stesso posto... qualcosa tende sempre ad esplodere.

-Peter... Jonah vuole vederti – gli dice Ben Urich, appena rientrato dal balcone dove si era ritirato a fumare alla prima occasione utile.

-A proposito di gente che vuole farmi del male – sospira Peter, uscendo dalla stanza.

Probabilmente avrebbe trovato J. Jonah Jameson comunque, avvolto da una nuvola di fumo; l’odore di quel sigaro è qualcosa di cui non sente mai la mancanza.

-Non c’è bisogno di restare qui, JJJ, non ti fanno pagare il biglietto per partecipare alla festa.

-Sono molto fiero di te, Parker – risponde Jonah con aria più seria del solito; è facile dimenticarsi che è anche capace di non urlare per più di cinque minuti.

-Ho sempre pensato che tu sprecassi soltanto del tempo a concentrarti sui tuoi studi, quando avresti potuto essere un fotografo di prim’ordine se solo ti ci fossi dedicato con impegno.

-Essere pagato decentemente sarebbe stato un bell’incentivo.

-Hhhrmph. Non si fa questo lavoro per soldi, ragazzo. Come giornalista rasenti la decenza, ma anche senza la mia ala protettiva, sei comunque riuscito a raggiungere il tuo sogno di diventare uno scienziato... e di questo sono veramente fiero – rivela Jonah, porgendogli una scatola di sigari. La stessa scatola che Peter ha visto sulla sua scrivania per chissà quanto.

-E’ un bel gesto, Jonah, ma lo sai che io... uhm, Jonah? La scatola è vuota.

-Tu non fumi, no? Hhrmph, cosa credi ragazzo, che i soldi crescano sugli alberi? – si lamenta l'editore, lanciando quello che resta del sigaro giù dal balcone senza degnarsi di spegnerlo.

-Sì, certe cose non cambiano mai – sospira Peter, restando da solo mentre Jonah si unisce alla festa.

Così tanti amici presenti, ma lui preferisce stare da solo nei suoi pensieri. Le domande sulla sua carriera gli hanno riportato alla mente le parole di Melati; il suo istinto gli dice che la carriera accademica è la scelta più sicura, ma gettarsi sulla ricerca pura è il suo vero sogno. Una volta non ci avrebbe pensato più di un secondo, ma adesso che ha una famiglia a cui pensare, correrà veramente il rischio?

-Qualcosa non va? A parte il fumo – chiede Mary Jane, avvicinandosi per baciarlo sulla fronte.

-Stavo...pensando.

-Lo fai sempre. E’ il tuo punto di forza e di debolezza. Che cosa ti turba?

-Ripensavo a quello che mi ha detto l’ex assistente di Connors. Quando credi di non aver niente da perdere, corri rischi stupidi... sono un maestro in materia. Se solo sapesse che c’è un altro modo...

-Allora insegnaglielo. Ci sono altri modi di fare l’eroe oltre a prendersi a pugni.

-Ecco perché ti ho sposata, MJ. Pensi che gli altri se la prenderanno se sparisco per un po’?

-Peter, non sarebbero tuoi amici se non sopportassero le tue continue sparizioni.

 

Empire State University, Manhattan
La sedia a rotelle è all'esterno del laboratorio di biologia, come previsto; dopo anni di esperienza, non poteva cadere su un'identità segreta del genere.
Quatto quattro, gattonando sulle pareti, l'Uomo Ragno apre delicatamente la porta e si intrufola nel laboratorio, solo per avere ulteriore conferma di ciò che già sa.
Melati Kusuma è in piena trasformazione in quella sorta di She-Lizard.
Lei non ha ancora notato la sua presenza - nonostante i suoi sensi animaleschi - e, ripresasi dalla mutazione, scrolla la testa e inizia a maneggiare con un composto, ben dissimulando le difficoltà di manipolazione con le sue zampe artigliate.
La lascia fare per un paio di minuti ma quando il suo senso di scienziato capisce che una nuova dose del siero di Lizard è vicina a essere pronta, non può fare a meno di ricoprire il becher con una ragnatela.

-Ancora tu?!
-Ho fatto una veloce ricerca, signorina Kusuma, e sono venuto a sapere di una ricercatrice con arti mancanti, allieva di Lizard, potenzialmente interessata a testare il suo siero. Per di più, con i tipici pantaloni viola da supercriminale... Non ci voleva molto a collegare i puntini.

-Complimenti, Sherlock Holmes.
Il fatto che parli come un essere umano e sia capace di fare del sarcasmo lo manda in confusione.
-Non riesco a capire che effetti ha avuto il siero di Lizard sulla tua mente... avevi il senso dell'umorismo prima di assumerlo?

-Non ha avuto nessun effetto: a differenza di Curt, io sono Melati al cento per cento. Quello che sto cercando è un modo per restare così come sono: sono disposta a vivere per sempre da rettile, pur di avere le gambe. Hai intenzione di impedirmelo?

-Non voglio rischiare un altro Lizard in libertà.

-Non sono Lizard. Sono Komodo – risponde la ragazza, che in tutta risposta a quella velata minaccia balza addosso all'intruso, il quale stavolta però non è impreparato e si scansa con estrema facilità. Neanche un secondo tentativo della donna va a segno, rischiando solo di rovesciare materiali preziosi e delicati.
Con un getto, una ragnatela alta e larga quanto la stanza si frappone tra loro due.

-Anche se riuscissi a stabilizzare il siero e rimanere così, che cosa avresti ottenuto? - cerca di farla ragionare l'arrampicamuri, attaccato al soffitto con schiena e piante dei piedi - Quante persone pensi che accetterebbero di vivere come rettili antropomorfi? Non tutti farebbero questo sacrificio! E l'effetto del siero potrebbe non essere stabile per tutti!

Gli occhi rettili continuano a fissare la maschera del tessiragnatele, fra gli spiragli della sua tela. Potrebbe decidere di attaccare da un momento all'altro e divellerla come se niente fosse. Decide di insistere con la retorica:

-Riprendi a lavorare alla ricerca originale di Curt: un siero per la ricrescita degli altri senza trasformazioni collaterali! Ma fai un lavoro di squadra, da soli si possono commettere tanti errori. Non sono più i tempi di Fleming, adesso bisogna collaborare con altri ricercatori per ottenere risultati seri!

-Parli... come qualcuno che ne sa qualcosa di ricerca scientifica.
-Un supereroe deve saperne di scienza, con tutti gli scienziati matti che si ritrova a fronteggiare - cerca di depistarla, pur conscio di star parlando con una donna sveglia capace di fare due più due.
L'avversaria torna in una manciata di secondi umana. L’Uomo Ragno l’aiuta a tornare sulla sedia a rotelle, e solo dopo la ragazza torna a parlare:
-Va bene, Uomo Ragno. Lasciami mettere a posto e andare a dormici su, ok? - dice distrattamente la Kusuma, girandosi distrattamente a raccogliere dei becher. Il senso del pericolo conferma il cessato allarme.
-Davvero, ha funzionato? Mojo sarà furioso per il crollo dello share...  - scherza a bassa voce, tra sé e sé.

Lo scontro si sarà concluso in modo effettivamente anticlimatico, eppure questa è la prima battaglia che ha vinto non come Uomo Ragno, ma come Dottor Parker.

 

Forest Hills, Queens
Casa Parker

Non c'è niente di meglio che ridestarsi dopo una serata divertente, un dopo-serata in costume e una notte d'amore, senza l'attesa della sveglia, con la luce del sole che entra progressivamente dagli infissi.
Peter Parker non si sentiva così felice e appagato da tempo immemore.
Con tutta probabilità, si sarebbe girato dall'altra parte e si sarebbe rimesso a dormire, dopo aver aperto gli occhi, se avesse trovato sua moglie accanto a sé. Invece la donna non è nel suo letto e una veloce tastata dal suo lato rivela che le lenzuola sono fredde. Dev'essersi alzata da un po', del resto sono già le dieci del mattino. E' curioso che, a una seconda occhiata, noti che manca il cuscino di Mary Jane.
-Amore..? - la chiama, alzandosi diretto verso la stanzetta di sua figlia, dove presume di trovarla.
Nessuno gli risponde e non se ne preoccupa, finché non apre la porta della camera della piccola May.
- Che..? E' uno scherzo..?
Non c'è traccia del suo lettino, dei suoi mobili colorati, degli stencil sulle pareti, dei suoi giocattoli. Si trova davanti a una stanza adibita a ripostiglio, colma di scatoloni impolverati.
- May?! Mary Jane?!
Con un balzo oltre il parapetto del piano superiore, atterra nell'atrio nella villetta monofamiliare e si fionda a grandi falcate in cucina, solo per constatarla deserta. Le sue donne non stanno facendo colazione. Una veloce ricognizione delle altre stanze non dà frutti positivi. Torna in camera da letto, infila un maglione consunto degli Yankees che usa solo in casa e raccatta il telefono cellulare. Sulle scale, prova a chiamare sua moglie, ma non gli riesce di trovare il suo numero in Rubrica, né tra i preferiti o le ultime chiamate. Per sua fortuna, la sua mente matematico-scientifica ha buona memoria per i numeri, nonostante le botte prese negli anni, e lo compone sulla tastiera virtuale.
<Il numero selezionato è inesistente> gli risponde una voce preregistrata all'altro capo.
Sta per chiamare Anna Watson ma si rende conto che fa prima a trovarla di persona. Non gli importa di uscire in boxer, a piedi nudi, una certa ansia sta per sopraffarlo.

Suona insistentemente il campanello della casa vicina, a vuoto. Con una mano a visiera sugli occhi, scruta all'interno della finestra più vicina, solo per avere l'amara sorpresa che l'abitazione è disabitata. Si gira e può vedere di spalle un tipico cartello da agenzia immobiliare, piantato nel giardino antistante, che con tutta probabilità recita «In affitto» o «In vendita».
-Anna, dove diavolo siete?![v] - sbraita al telefono, non appena la donna risponde all'altro capo.
-Peter..? Sono a casa, perché?
-A casa dove? Sono fuori ma non c'è nessuno!
-Come? Sei a Miami e non avvisi? Ok, non è che ricordi male l'indirizzo?
-Mi---Miami? Che ci fai in Florida? Ieri eri... mio Dio, che sta succedendo?
-Che succede, Peter? Non ci sentiamo dal... funerale. Mi stai facendo preoccupare.
-... quale funerale? - chiede dopo qualche secondo di silenzio timoroso.
-Lo sai quale. Sei ubriaco? Pensavo avessi superato la cosa.
Peter Parker è abbastanza alterato da chiuderle il telefono in faccia. I pensieri più assurdi affollano la sua mente, fatica a fare due più due - quasi letteralmente.
Riapre la rubrica dello smartphone, la scorre in modo convulso, in cerca di uno spiraglio di luce. Non riesce a trovare «Abel Fitzpatrick», nemmeno sotto «Kaine», pur sapendo di non aver salvato in quel modo i contatti del suo clone.
Il pollice si ferma quindi sul nome del suo migliore amico, l'unico presente nella lista a cui può parlare in totale franchezza di questa assurda mattinata.
-Matt, ti disturbo?
-Sono con un cliente, ma se è importante lo sai che ci sono per te.
-E' molto urgente. Credo.
-Ok, un attimo. Mi scusi solo un secondo - dice a bassa voce, accompagnato dal rumore di una sedia spostata e di passi -Che succede?
-Ascolta, ne ho vissute di situazioni assurde, ma queste rientra nella top ten. Non so se è uno scherzo di cattivo gusto che mi stanno facendo per il dottorato, non so se sono stato catapultato in una dimensione parallela o in una linea temporale alternativa, non so se Goblin---
-Calmati. Che è successo?
-Aspetta, ieri ci siamo visti?
-Sì, alla festa, perché hai dubbi? Che ti hanno fatto?
-Sono in stato confusionale. Mi sono svegliato e May e Mary Jane sono sparite. La stanzetta di May è sparita, il cellulare di Mary Jane non esiste, sua zia sta---
-Aspetta tu ora, Peter. Di che stai parlando? Tua zia... tua zia e tua moglie sono morte anni fa. Mi stai dicendo che non te lo ricordi di punto in bianco?
-Ti prego, dimmi che scherzi. Non sto parlando nemmeno di zia May, ma di mia figlia.
-Lei... da molto più tempo... Peter, la situazione è serissima. Prima hai nominato Goblin, penso possa esserci lui di mezzo, magari ti ha esposto a qualche gas allucinogeno o amnesizzante, ieri sera eravamo in una sua proprietà in fondo... non ho idea, ma dobbiamo fare qualcosa.
-Può darsi, Matt, quello di cui sono sicuro è che fino a ieri sera ero a casa con mia moglie e mia figlia. Non è un'amnesia. Al massimo è un'allucinazione o una messinscena. Le hanno rapite.
-Io... vorrei fosse così. Ascolta, tu non fare niente di avventato, ti richiamo appena riesco a sbrigare tutti gli appuntamenti della mattina, ok?
Quando si inizia un vizio, ci si prende sempre più gusto, e Peter Parker ha di nuovo troncato di netto una conversazione telefonica.
Devil ha confermato i suoi peggiori timori. Qualunque sia l'ipotesi dietro questo complotto o questa assurda situazione, deve uscirne al più presto, e per farlo avrà bisogno del suo costume da Uomo Ragno.

Rientra in tutta fretta in casa e, appena richiude la porta principale alle sue spalle, si ritrova senza alcun annuncio al cospetto del Signore delle Illusioni, nel suo classico outfit verde con boccia di vetro.
-Mysterio! Grazie al cielo, questo spiega tutto - biascica l'arrampicamuri. Solo un supereroe con i suoi trascorsi può provare sollievo nel ritrovare tra le mura di casa uno dei suoi peggiori nemici, con tutte le implicazioni del caso; la gravità della situazione lo porta a questo stato d'animo.
-Bentornato, Uomo Ragno. Ti stai rendendo conto della situazione?
-Come hai scoperto la mia identità segreta e dove hai nascosto le mie ragazze?!
Accompagna le due legittime domande con un attacco diretto che, prevedibilmente, va a vuoto, perché il suo avversario scompare prima di essere colpito e ricompare alla sua destra, come da copione.
-Non le ho nascoste da nessuna parte, è questo il punto. Norman Osborn ha fatto in modo che morissero, non io.
I pugni del tessiragnatele tremano di rabbia.
- Ti sei goduto il quadretto idilliaco fin troppo. Ho aspettato che ottenessi il dottorato. Adesso, però, è ora di affrontare la verità - sentenzia Mysterio, con una voce ancora irriconoscibile, alterata dal casco e chissà quali altre diavolerie.
-Cosa? Cosa? - ripete l'Uomo Ragno, la quintessenza dell'esasperazione.
-Davvero credevi di poter riavere la tua famiglia così facilmente? Chi credi di essere, un dio?
-Non capisco. Ci sei tu dietro tutto questo, Beck? O chiunque tu sia?
-Pensi davvero di aver resuscitato tua moglie e il tuo clone direttamente dal mondo dei morti, di aver ritrovato sana e salva tua figlia tra le grinfie di Goblin...tutto ciò ha davvero un senso?[vi] Sei un uomo di scienza. La tua intelligenza superiore alla media non viene offesa dal credere a certe assurdità?
-Sarei stupido, piuttosto, se credessi a una sola parola proferita da un qualsiasi Mysterio.
-Avevo messo in conto che non mi avresti creduto. Pian piano sarai costretto a superare i pregiudizi e rompere le tue difese mentali. E ti renderai conto che Goblin ha fatto abortire tua moglie, che l'ha uccisa in un attentato aereo e che nessuno di loro, nemmeno Ben Reilly, è tornato indietro dal regno dei morti. E, credimi, mi duole ammettere quanto successo abbiano avuto i piani malefici di Norman Osborn.
-Smettila! A chi vuoi darla a bere?! Non so come hai scoperto queste cose, ma sappiamo benissimo entrambi che sono scampate a quei destini, quindi dimmi cosa vuoi da me e cosa devo fare per riaverle!
L'arrampicamuri ritenta la sorte, compie un balzo ferino e assesta il suo destro più forte contro la boccia di vetro che, forse contro le aspettative, esplode in mille frantumi. Ciò non rivela il volto del supercriminale, perché ancora avvolto da un denso vapore verde che scaturisce dal collo.
Una scarica dal guanto dell'illusionista scaraventa via Spidey. Se Peter avesse avuto ancora dubbi in merito, il Senso di Ragno non funziona per niente.
Più stordito di prima, l'eroe tenta di rialzarsi, mentre il suo avversario riprende a parlare:
-Sono sottoterra, mi dispiace. Davvero: altrimenti non avrei messo in scena la più grande illusione della storia per farti credere per anni che fossero ancora tutti vivi.
La voce è meno distorta, ora che non c'è il vetro frapposto al suo suono, e ha un che di familiare alle orecchie del tessiragnatele. Non abbastanza da riconoscerlo, però, o da scartare l'ipotesi che sia il redivivo Quentin Beck.
-Già, un'illusione un po' difficile da tenere in piedi...non hai fatto i conti col Dottor Strange, coi Fantastici Quattro... col Latore di Morte... - ribatte, snocciolando tutti coloro che sono stati coinvolti o testimoni autorevoli degli eventi che Mysterio sta mettendo in dubbio.
-Ero io il Dottor Strange. E il Latore di Morte. E un sacco di altra gente che hai incontrato, compresa Anna Watson, per quanto imbarazzante ammetterlo.
-Sì, certo. E come mai uno dei miei peggiori nemici avrebbe dovuto darmi questo contentino, eh? Sentiamo! - grida, accompagnando la provocazione con un altro pugno che va a vuoto, contro un fantasma di fumo.
La voce gli risponde alle sue spalle.
-Perché non sono uno dei tuoi peggiori nemici, ma uno dei tuoi migliori amici.
-Ok, il mio sesto senso mi suggerisce che sta per arrivare la chicca finale...
-Se vuoi metterla in questi termini...
Il fumo verdastro si dirada e, in pochi intensi secondi, lascia scoperto il familiare volto smunto di un ragazzo dai capelli color fieno.
D'istinto, l'Uomo Ragno si sfila la maschera, per vedere meglio con i propri occhi, senza il filtro delle lenti, ciò che gli si para dinnanzi.
"Non ha senso, è l'ennesima illusione" si dice, tra sé e sé. Non vuole dargli la soddisfazione di mostrarsi ulteriormente sorpreso.
-...ti sono mancato, Peter Parker? - domanda Flash Thompson.

 

 

TO
BE
CONTINUED!

 

 

 

 

 

 

 

 



[i] Su Iron Man #88 di Carlo M.

[ii] Difensori #80. Ti vogliamo comunque bene, Bruno.

[iii] La rivelazione è avvenuta in una storia nello speciale Dottor Destino - Speciale 50 anni.

[iv] Alias la Vedova Nera, che potete leggere su Devil & La Vedova Nera di Carlo M.

 

[v] In inglese non c'è differenza tra «Dove sei» o «Dove siete».

[vi] Bizzarri eventi raccontati tra gli antichi numeri #6 e #9 della nostra serie.